Le PAS e il public speaking. Come superare la paura di parlare in pubblico

PAS e Public Speaking: Guida Pratica per Superare la Paura di Parlare in Pubblico

Il solo pensiero di parlare in pubblico ti fa girare la testa? Se sei una Persona Altamente Sensibile (PAS), non sei affatto solo, però non vuol dire che dovrà sempre andare così. 

Parto con la mia storia vissuta, chissà se avrai voglia di condividere la tua? Ore 14:00, riunione in un martedì qualunque di una giornata primaverile, orario già di per sé un po’ infame perché la digestione non aiuta, si parla del progetto editoriale xy, mi viene l’intuizione. 

PAS (Persona Altamente Sensibile) - Chi sono

Le Persone Altamente Sensibili spesso affrontano sfide uniche nel public speaking. Se vuoi approfondire le caratteristiche delle Persone Altamente Sensibili puoi leggere questo articolo. Qui ti basta sapere che non sono una rarità, costituendo si stima almeno il 20-30% della popolazione.

Spoiler: la paura del public speaking è superabilissima

Se sei una PAS, sai cosa intendo. Capita e nemmeno così di rado di avere un’intuizione e non si sa spiegare il perché è giusta ma tu sai che è giusta. Grazie agli studi fatti dagli anni ‘90 in poi sull’alta sensibilità è anche semplice trovare una spiegazione a questo fenomeno. Le PAS hanno la caratteristica di processare contemporaneamente a livello neuronale una quantità di segnali in input esageratamente elevata. Questo oltre a provocare sovrastimolazione può talvolta generare un’intuizione: a livello profondo il cervello ha messo insieme tutti i puntini, restituisce un output ma a livello conscio manca ancora la spiegazione. Ecco il perché il come dall’input si arriva a un determinato output potrebbe arrivare con chiarezza in un momento successivo all’output stesso. Incredibile e affascinante, ma questo è.


La Mia Esperienza Personale con il Public Speaking  

Aneddoto della riunione di lavoro

Per tornare alla nostra storia di ufficio e meeting, al tempo non conoscevo gli studi in materia né avevo idea di cosa volesse dire avere il tratto dell’Alta Sensibilità e né ovviamente sapevo di averlo. Arrivare ad esserne consapevole è stata un’Epifania di quelle importanti, che lasciano il segno, e in positivo.

Insomma quello che mi poteva succedere in una situazione del genere, avuta l’intuizione e avendo dentro il grande impulso a voler parlarne, come minimo era un giramento di testa, un rossore in viso, un movimento dell’occhio inconsulto o, se finalmente osavo aprire bocca, anche un movimento involontario del volto.

“Voglio parlare ma se parlo devo dire tutto il più velocemente possibile perché odio stare al centro dell’attenzione, mi verrà il respiro affannato e ciao, lascerò perdere l’argomentazione, che per altro non sono sicura di avere, anche se so che è la risposta giusta al problema”. 


Quali sono i sintomi della paura del public speaking per una PAS? Eccoli, insieme al “sabotatore” interno

Il respiro velocizzato, il rossore dovuto a una specie di fuoco dentro che dallo stomaco veniva su, la mancanza di fiato e il voler finire di parlare prima possibile. E il pensiero sdoppiato: uno era il pensiero che mi faceva raccontare l’argomento del momento, l’altro era quello che definisco il “sabotatore”, che in contemporanea all’altro più o meno mi parlava in questo modo

“Ora finisci prima possibile quello che devi dire perché ti verrà l’affanno e ti si prosciugherà la bocca, ecco se guardi le persone davanti a te ti accorgerai di chi non capisce, chi si annoia, chi è fin troppo interessato e finirà con l’esser deluso e tu quindi chiudi prima possibile”. 

E sì, succedeva. Ogni santa volta che mi toccava parlare in pubblico. La cosa pazzesca era che a me l’idea di parlare in pubblico mi piaceva pure. Mi piaceva l’idea di una me che riusciva a trasmettere qualcosa di interessante a chi aveva di fronte.

L’importanza della consapevolezza e il cambio di prospettiva

RIpetute volte mi son trovata con mal di testa, emicrania, sfarfallii alla vista. E come potevo sentirmi normale? Eppure ero normale, solo che non lo sapevo perché non conoscevo le implicazioni del sistema nervoso Sensibile*. C’è anche da dire che nel mondo del lavoro e in ambito sociale in generale, nessuno (o quasi) verrà mai a raccontarti di esperienze del genere, perché la paura di esser trattato come quello strano ed esser messo da parte è dietro l’angolo. Eppure, mi piace sempre ricordarlo, le PAS, con caratteristiche più o meno accentuate, si stima siano tra il 20 e il 30% della popolazione. Il che mi fa pensare a quanto lavoro di divulgazione sia necessario per portare consapevolezza.

Strategie per Superare la Paura del Public Speaking per le PAS

Accetta e Persevera

Tornando alla terrificante esperienza del parlare in pubblico, siamo a circa 15 anni fa, a me importava di più chi e come volevo essere rispetto a dove fossi in quel momento, e questa era la mia spinta.

Ho accettato e cercato il cambiamento quando le situazioni mi stavano strette, quando non mi sentivo valorizzata o apprezzata abbastanza. Quando entravo nel tunnel della noia senza uscita. Sul lavoro il percorso non è mai facile e non lo è stato nemmeno per me, e non solo perché sono una PAS, intendiamoci. L’alta sensibilità è infatti solo un tratto della personalità di un individuo.

Impostazione di obiettivi personali

Sono sempre stata piuttosto irrequieta, forse anche per un’altra caratteristica delle PAS, cioè una fortissima avversione verso il conflitto, che mi ha portato troppo spesso a non essere assertiva nel portare avanti con forza i miei bisogni. 

Altra mia caratteristica è il bisogno di non protrarre troppo a lungo un lavoro iper verticalizzato ma di continuare ad aggiungere nuove skills e creare connessioni tra i diversi ruoli e competenze. 

Questa irrequietezza ha senz’altro acuito in me il sentore di avere qualcosa che non andava. In fondo ero piena di colleghi sufficientemente sereni nei loro ruoli ormai granitici da anni.

Però sbagliavo, e fortunatamente di volta in volta, anche senza sapere esattamente dove avrei voluto atterrare alla fine di questo travagliato percorso lavorativo, mi sono posta degli obiettivi, che per me fossero ambiziosi, che mi dimostrassero qualcosa una volta raggiunti. Erano gli obiettivi di cui avevo bisogno in quel momento e ogni volta pensavo e speravo fossero quelli definitivi. 

E invece immancabilmente il viaggio continua. 

Perché? Perché rincorriamo la felicità e il benessere, qualunque cosa questo voglia dire per ciascuno di noi, e questo può mutare molteplici volte durante la nostra esistenza. 

Ora, ad esempio, ho individuato un altro mio grande obiettivo per i prossimi anni, e come sempre mi auguro possa essere quello definitivo.


Uscire dalla zona di comfort

Tutto questo viaggio ed evoluzione personale passa per la perseveranza e la coerenza nel perseguire un obiettivo. Pianificazione, accettare di andare oltre la propria zona di comfort, perché solo così ci si migliora, si evolve come persone, e non da ultimosi espande ulteriormente quella che è la propria abituale zona di comfort.


L'Epifania: Trovare la Propria Dimensione

Trovare un ambiente di lavoro supportivo

Ognuno di noi ne vive ogni tanto nella vita, no?

Io ho avuto la mia in ambito lavorativo. In uno dei miei cambi di lavoro e ruolo ho trovato la mia dimensione. Giuro, è stata una sorta di “Paradiso”, e sapevo che era a tempo determinato ma ne ho goduto più possibile traendone tutti i frutti che ho potuto, che sono arrivati perchè stavo bene, ero serena, facevo quello che mi piaceva.


Ecco quali sono stati per me gli elementi chiave:

Espressione senza giudizio:

Questo dipende dalle persone che ti circondano, dal tuo manager diretto e da chi è sopra di lui, da tutto l’ecosistema insomma. Da brava PAS ho questo vizio/virtù di leggere le persone e so farlo assai bene, cogliendone i segnali deboli comunicativi, gli sguardi, un’intonazione diversa, il linguaggio non verbale in ogni sua forma, e raramente mi ero sentita a mio agio negli 8 anni precedenti. Il perché è in parte da ricercare in una certa cultura aziendale, che non voglio però indagare qui. 

Rispetto dei propri tempi:

In quegli anni posso dire di aver lavorato bene, aver fatto scelte giuste che hanno portato ottimi risultati per il business. I risultati sono arrivati nei tempi giusti perché io ho potuto lavorarci con i tempi giusti. Analisi e azione a tempo debito. Oggi la cultura dell’execution a tutti i costi spesso si mangia qualsiasi tipo analisi, strategia e buon senso, cosa che personalmente mi provoca un costante senso di frustrazione.

Equilibrio tra analisi e azione: 

qui intendo equilibrio tra attività di discovery, analisi, execution, routine. Quel giusto mix che ti fa stare nella tua zona di Flow, cioè di esperienza ottimale, come ben spiegato nel libro omonimo. Lo stato di Flow ti fa rendere al massimo. E qual è la chiave per rimanere nello stato del Flow? La crescita del sé, nel portare avanti attività che diano un senso di scoperta. Troppo stress, inteso come una difficoltà eccessiva, ci porta in una zona di ansia, mentre la troppa facilità ci porta in una zona di noia. La zona del Flow è dinamica, muta con l’aumentare (e quindi l'evolversi) delle nostre capacità**. Il nostro obiettivo, soprattutto come PAS, dovrebbe essere rimanerci il più a lungo possibile e tornarci più velocemente possibile se ne usciamo. Essendo sensibili agli stimoli entriamo in zona d’ansia più facilmente, allo stesso modo la necessità di un processamento delle informazioni profondo può portarci facilmente nella zona di noia se non adeguatamente stimolati. Sì, siamo un bel casino, abbiamo una zona di Flow più ristretta rispetto alle persone meno sensibili.

Esplorazione delle proprie capacità: 

Questo periodo di “grazia” e di puro Flow mi ha permesso di prendere profondamente coscienza delle mie skills e di conoscere e riconoscere il valore che potevo portare. Questo è stato un punto fondamentale e di svolta: se impari a riconoscere il tuo valore in relazione a cosa porti sul tavolo tu e cosa portano gli altri in un confronto costruttivo, trovare la tua strada e perseguirla con sicurezza e convinzione senza sottovalutarti è una naturale conseguenza. Ed è anche una difesa potentissima contro la tua voce sabotatrice interna e i giudizi esterni. Certo, devi fare il primo passo fondamentale: esci! Non stare troppo “dentro” di te, esci, parla, cerca il confronto. Ne sarai felice.


Il Percorso di Miglioramento

Superamento delle sfide mentali

  • Volevo andare oltre e dimostrare a me stessa che valevo più di quanto mi avessero voluto far credere nel passato determinati “personaggi”. Che poi attenzione, spesso le PAS attirano in modo naturale certi atteggiamenti ostili e prevaricatori su di sé, per questo potenziarsi mediante la profonda conoscenza di sé stessi diventa fondamentale
  • Ho vinto le mie sfide “mentali”: sul lavoro avevo bisogno di trovare riconoscimento riuscendo a cambiare posizione e azienda superati i 40 anni e dopo 12 anni nella stessa azienda. Posso dire di aver fatto il triplo salto mortale e di essermi misurata su vari fronti che avevo sulla mia personale checklist che a posteriori chiamo dell’”orgoglio”, e questo ha elevato ulteriormente il mio senso di serenità interiore e di sicurezza dei miei mezzi. 

Affrontare il public speaking in vari contesti

Involontariamente nei miei cambi lavorativi ho dovuto “affrontarlo” tanto, soprattutto nella forma di video meeting con audience tra le 10 e le 50 persone e poi anche dal vivo con workshop o su un palco. Occasionalmente il “sabotatore” si è rifatto vivo e no, non l’ho vissuta bene, ma è stato un passo necessario, e comunque posso dire tutto sommato breve, per migliorare in modo definitivo, tra l’altro in breve tempo. Modalità “fly or die”, quindi forzata, ma ha funzionato.

Posso dire che continua a piacermi molto l’idea di parlare di qualcosa di significativo e interessante e che sebbene non sia esattamente nata per farlo ho fatto passi da gigante. 

Preparazione e serenità

Soprattutto ora, con la dovuta preparazione, non me lo cerco ma lo faccio molto serenamente, e per me serenamente vuol dire arrivare preparata e poter parlare senza quel doppio dialogo interiore, senza andare in apnea e senza accelerare per finire prima possibile.

Consigli per Chi Vuole Migliorare

  • Credere in se stessi (ok, questo mettetelo all’ultimo punto, sarà conseguenza delle vostre azioni)
  • Importanza della perseveranza: forzatevi, sforzatevi, uscite dal guscio
  • Pianificazione: non esiste nulla a braccio, Ci vuole lavoro di “backend”
  • Imparare dagli errori senza paura: ne fanno tutti, nessuno si fisserà sui vostri

Tu Puoi, devi volerlo

Quello che mi porto a casa è che se è vero che in parte siamo come siamo con le nostre caratteristiche innate e non siamo fatti tutti per fare tutto, il cervello è un universo da esplorare e la sua neuroplasticità ci offre infinite soluzioni, se vogliamo coglierle.

Dobbiamo essere sempre convinti di poter raggiungere un traguardo che ci sta a cuore e che vogliamo assolutamente raggiungere.

La perseveranza alla lunga premia.

Se alla perseveranza aggiungiamo un piano e la costanza, otterremo il massimo.

Una volta andata male è solo un’esperienza che ci avvicina di più al nostro obiettivo e che per la volta successiva ci fornirà un po’ di anestetico in più rispetto al giudizio pesante che rivolgiamo verso noi stessi, liberandoci un po’ alla volta. Un’azione ripetuta che diviene una sorta di consuetudine e poi abitudine ci cambia e ci trasforma.


Per me la distanza tra l’esser terrorizzata dal parlare in pubblico e il farlo in modo sereno è durata 18 anni. In mezzo c’è stato il non sapere esattamente chi fossi io, cosa volessi, e il capire perché ne fossi così terrorizzata. 

18 anni sono lunghi, di sicuro si può fare molto meglio! 

Però cosa mi porto a casa? 

  • Che migliorarsi è un viaggio bellissimo, in parte doloroso, ma da fare, considerando che di vita ne abbiamo una a quanto pare. 
  • E che per il prossimo cambiamento non mi ci vorranno 18 anni perché il mio livello di consapevolezza è tremendamente cresciuto, ho molte più cartucce per far fronte a quanto vorrò affrontare come prossima sfida.

Ho raccontato un brevissimo aneddoto che ho scelto tra veramente decine d’altri analoghi perché mi interessava più portare la luce sugli effetti fisici e la successiva trasformazione. E gli effetti fisici, poteva cambiare la situazione in cui dovevo espormi in pubblico, quelli erano.

Sarei curiosa di conoscere l’esperienza di qualcun altro che magari leggendo questo articolo ora si sente finalmente legittimato a dirsi “ah ma allora sono normale” senza aspettare di compiere 40 anni o giù di lì!

 

Fonti:

*”Il potere nascosto degli ipersensibili” di Christel Petitcollin

** “Flow. Psicologia dell’esperienza ottimale” Di Mihály Csíkszentmihályi

 

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